Dopo i fatti tragici che hanno coinvolto i paesi di Macomer, Abbasanta e Ghilarza don Ettore Cannavera ha incontrato i giovani studenti delle scuole medie e superiori del territorio e ha ragionato sulle problematiche riguardanti il disagio dei ragazzi.
L’incontro, inserito all'interno del ciclo di iniziative intitolato Le comunità del Guilcier e del Marghine riflettono affinché non accada MAI PIÙ, era organizzato dalle amministrazioni comunali di Abbasanta, Macomer e Ghilarza e si è svolto lunedì 29 ottobre 2018 presso l’Auditorium del Liceo scientifico Mariano VI di Ghilarza, alla presenza dei sindaci e dei parroci dei paesi coinvolti e dei dirigenti scolastici dell'Istituto Comprensivo Ghilarza e dell'Istituto di Istruzione Superiore Mariano IV d'Arborea.
La giornata era strutturata in due momenti: nel primo don Cannavera ha dialogato con i ragazzi; nel secondo, svoltosi di pomeriggio, ha ragionato con adulti, genitori e insegnanti. Al fine di favorire il dialogo e il confronto si è deciso di realizzare inizialmente un incontro con gli alunni delle 3º medie insieme ai ragazzi delle classi prime e seconde dei licei e dell'IPSIA, successivamente, un secondo incontro con gli studenti delle terze, quarte e quinte dei licei e dell'IPSIA di Ghilarza.
Il fondatore della Comunità La Collina ha cercato di favorire gli interventi, stimolando gli studenti e invitandoli a parlare esprimendo il proprio parere. Ha iniziato lanciando un monito agli adulti, dicendo che dovrebbero prestare maggiore attenzione agli atteggiamenti dei ragazzi, perché anche quando sono chiusi e sembra che non parlino, in realtà stanno lanciando dei messaggi che possono essere di disagio o addirittura di richiesta d'aiuto. Ha proseguito spiegando che quando i genitori o gli adulti non riescono a stabilire una relazione tale da favorire il dialogo, allora devono intervenire i giovani. Infatti, nessuno deve lasciare da solo qualcuno, ma è importante accorgersi anche dei “piccoli” cambiamenti e provare ad aiutare i coetanei che potrebbero avere problemi di qualunque tipo. D'altra parte ciascuno ha bisogno di sentirsi apprezzato nell'ambiente in cui vive.
Quindi, il discorso è passato ad affrontare il tema della responsabilità di ognuno: anziché puntare il dito contro, sarebbe bene assumersi le proprie responsabilità e chiedersi «Perché?» «Cosa c’era in loro prima?» «Cosa abbiamo fatto?» «E cosa non abbiamo fatto?». «La persona che sbaglia non è nata con la propensione all’errore».
Fra gli interventi, Michela Mele ha detto che i ragazzi, quando usciranno dal carcere, avranno un'etichetta e saranno considerati come dei criminali a vita.
Gaia Licheri, invece, ha raccontato che nella sua classe, la III B della scuola media di Ghilarza, hanno discusso tutte le mattine, per alcune settimane sui tragici fatti e si è chiesta come è stato possibile arrivare a compiere degli atti così gravi senza che vi fossero avvisaglie.
Don Cannavera ha parlato della sua opera presso la Comunità La Collina dove i ragazzi possono scontare la loro pena, con la possibilità di essere pienamente reinseriti nella società, dando loro la possibilità di continuare gli studi, di seguire corsi professionali e soprattutto di tenere dei rapporti affettivi. Nel suo discorso ha spesso citato il pedagogista Paulo Freire, e il suo libro: "L'educazione come pratica di libertà".
Gaia Licheri
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